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I fondamenti dell’Economia Neoclassica: la rivoluzione marginalista di Jevons, Menger e Walras

La Rivoluzione Marginalista: Jevons, Menger e Walras


09Feb2025

Information
Andrea Gonzali Storia del pensiero economico 275 hits
Prima pubblicazione: 09 Febbraio 2025

«La natura non fa nulla d’inutile».

Aristotele

La rivoluzione marginalista rappresenta uno dei momenti di svolta più importanti nella storia del pensiero economico, perché segna il passaggio dalla tradizione classica, basata sulla teoria del valore-lavoro, a una nuova prospettiva incentrata sul comportamento individuale e sulla percezione soggettiva dell'utilità.

Questo cambiamento ha posto le basi per quella che oggi viene comunemente definita economia neoclassica, un paradigma che integra non solo le intuizioni dei pionieri marginalisti – come Jevons, Menger e Walras – ma anche i contributi successivi di importanti esponenti della scuola austriaca e di economisti come Alfred Marshall, il cui pensiero verrà approfondito in uno dei prossimi articoli.

Marshall perfezionerà ulteriormente l'analisi marginale, fornendo strumenti e concetti che hanno arricchito la comprensione della formazione dei prezzi, dell'equilibrio di mercato e dell'allocazione delle risorse.

In questo articolo, verranno esaminati i principi fondamentali della rivoluzione marginalista, il suo impatto sullo sviluppo della teoria economica moderna e come essa abbia influito sul pensiero neoclassico nel suo complesso.

Indice

  1. Introduzione
  2. William Stanley Jevons e l’analisi dell’utilità marginale
  3. Carl Menger e l’origine del valore soggettivo
  4. Léon Walras e l’equilibrio generale
  5. Convergenze e divergenze tra le teorie. Conclusioni

1. Introduzione

Nel tardo XIX secolo il pensiero economico fu teatro di una trasformazione profonda e duratura, che oggi definiamo "rivoluzione marginalista".

Questo periodo di mutamento, che non si configurò come un singolo evento ma come una serie di progressivi sviluppi intellettuali, vide emergere il contributo indipendente ma sorprendentemente convergente di tre economisti di spicco: William Stanley Jevons, Carl Menger e Léon Walras.

Ognuno di loro, operando in contesti culturali e geografici differenti, contribuì a mettere in discussione il paradigma classico, tradizionalmente incentrato sui costi oggettivi di produzione e sulla teoria del valore basata sul lavoro, per spostare l’attenzione sul ruolo della domanda, intesa come espressione della soggettività individuale e dell'utilità marginale.

Per comprendere appieno l’impatto di questo cambio di paradigma, è necessario esaminare brevemente il contesto intellettuale precedente.

La scuola classica, con i contributi fondamentali di Smith e Ricardo, aveva tracciato un quadro dell’economia in cui la produzione, la distribuzione e la crescita erano analizzate principalmente in funzione dei costi e del lavoro impiegato.

La teoria del valore-lavoro postulava che il valore di un bene derivasse direttamente dalla quantità di lavoro necessario alla sua produzione. In questo scenario, la domanda era considerata un dato di fatto e l’enfasi era posta sull’offerta, ritenuta la principale forza regolatrice dei mercati.

Tuttavia, con l’evoluzione delle società industriali e l’intensificarsi della specializzazione economica, divenne sempre più evidente la necessità di approfondire il ruolo della domanda nel determinare i prezzi e, di conseguenza, il valore dei beni.

2. William Stanley Jevons e l’analisi dell’utilità marginale

William Stanley Jevons (ca. 1870-1882)

«Repeated reflection and inquiry have led me to the somewhat novel opinion, that value depends entirely upon utility».

William Stanley Jevons

Tra i pionieri di questo nuovo approccio vi fu William Stanley Jevons, un economista britannico profondamente influenzato dalla filosofia utilitarista di Jeremy Bentham.

Nel suo fondamentale trattato, The Theory of Political Economy (1871), Jevons propose che il valore di un bene non risiede tanto nel lavoro incorporato, quanto nella capacità di quel bene di soddisfare un bisogno umano.

Questa visione rappresentò una svolta radicale nel pensiero economico, spostando l’attenzione dalla mera analisi dei costi di produzione alla valutazione delle preferenze e delle necessità individuali.

Al centro della sua teoria c’è il concetto di utilità marginale, cioè quella soddisfazione aggiuntiva che un consumatore ottiene nel consumare un’unità in più di un bene.

Per rendere più chiaro questo principio, basta pensare al celebre paradosso del diamante e dell’acqua: l’acqua, pur essendo indispensabile per la vita, è così abbondante che ogni ulteriore unità offre solo un modesto aumento di utilità, determinando un basso valore di scambio.

In altre parole, l'acqua è abbondante e le persone sanno che continuerà a esistere anche in futuro: non c'è quindi alcuna urgenza o piacere nel consumare un'unità di acqua in più e, quindi, a pagare un prezzo per averla.

Al contrario, i diamanti, pur non essendo essenziali per vivere, sono estremamente rari, e di conseguenza l'utilità aggiuntiva che ciascuna unità extra fornisce è elevata, giustificando così un prezzo molto più alto.

Il grafico sottostante illustra in modo schematico come, all’aumentare della quantità consumata, l'utilità totale cresce in misura sempre meno marcata (almeno fino a un certo livello) dal momento che l’utilità marginale è decrescente:

02 Utilita totale e marginale

Come si può notare, la curva decrescente evidenzia il principio della diminuzione dell’utilità marginale: le prime unità consumate apportano un alto livello di soddisfazione, mentre le successive generano benefici progressivamente minori.

Questa rappresentazione aiuta a comprendere come il valore percepito da un consumatore diminuisca progressivamente all’aumentare della quantità già posseduta.

Oltre a formulare una teoria innovativa, Jevons sottolineò l’importanza di coniugare l’analisi teorica con osservazioni empiriche e l’uso della statistica per stabilire relazioni causali tra le variabili economiche.

Pur non impegnandosi direttamente in una vasta attività di ricerca empirica, egli credeva fermamente che una scienza economica solida dovesse fondarsi su dati concreti e verificabili, integrando il ragionamento astratto con il supporto dell’analisi quantitativa.

In questo modo, Jevons contribuì a gettare le basi per un approccio più rigoroso e scientifico nello studio dell’economia, aprendo la strada a successive evoluzioni nel campo dell’analisi economica.

3. Carl Menger e l’origine del valore soggettivo

Carl Menger (ca. 1885-1900)

«Value is nothing inherent in goods, no property of them, nor an independent thing existing by itself. It is a judgment economizing men make about the importance of goods at their disposal for the maintenance of their lives and well-being. Hence value does not exist outside the consciousness of men».

Carl Menger

In parallelo al lavoro di Jevons, Carl Menger, fondatore della Scuola Austriaca, sviluppò una teoria del valore che si distaccava nettamente dalla concezione classica.

Nel suo influente trattato Principi di economia politica (1871), Menger respinse la tradizionale teoria del valore-lavoro, sostenendo invece che il valore di un bene risieda nella sua capacità di soddisfare un bisogno o di risolvere un problema specifico per l’individuo.

Questa valutazione, tuttavia, non è universale, ma varia in funzione delle circostanze concrete e delle preferenze personali di ciascun consumatore.

La sua analisi si fondava su un forte individualismo metodologico: per comprendere appieno le dinamiche economiche, occorre partire dalle azioni e dalle motivazioni dell’individuo, il quale, con scelte spesso influenzate da fattori soggettivi e contestuali, contribuisce a definire il valore dei beni.

Menger riteneva che l’economia dovesse esaminare il comportamento umano in situazioni specifiche, non limitandosi a un’analisi statica del presente, ma considerando anche la dimensione temporale delle scelte, poiché le necessità e le preferenze degli individui possono evolversi nel tempo.

A differenza di Jevons, che trovava nella matematica uno strumento prezioso per integrare l’analisi teorica con dati empirici, Menger mostrava una certa diffidenza verso un uso eccessivamente formalizzato della matematica per rappresentare la complessità delle decisioni umane.

Egli sosteneva che la ricchezza delle azioni economiche, intrinsecamente legata alle specificità dei contesti in cui avvengono, non potesse essere completamente catturata da modelli quantitativi che rischiavano di semplificare eccessivamente la realtà.

Pertanto, la sua metodologia si orientava più verso un ragionamento deduttivo e qualitativo, che enfatizzava l’analisi logica e la definizione accurata dei concetti economici, piuttosto che l’applicazione di formalismi matematici astratti.

Menger contribuì, quindi, a spostare l’attenzione dal valore oggettivamente misurabile in termini di lavoro a un approccio che riconosce il valore come un attributo soggettivo, definito dalle esigenze e dalle scelte individuali.

Questa prospettiva non solo ampliò la comprensione del processo di formazione del valore, ma gettò anche le basi per l’analisi economica moderna, in cui la centralità dell’individuo e il contesto in cui opera diventano elementi imprescindibili per interpretare le dinamiche di mercato.

4. Léon Walras e l’equilibrio generale

Philippe Félix Dupuis, Ritratto di Léon Walras (1862)

«The market is like a lake agitated by the wind, where the water is incessantly seeking its level without ever reaching it».

Léon Walras

Mentre Jevons e Menger si concentravano rispettivamente sull’analisi empirica e sull’approccio deduttivo, Léon Walras, economista francese attivo in Svizzera, sviluppò una visione dell’economia come un sistema complesso e interconnesso, in cui nessun mercato può essere considerato in isolamento.

Nel suo celebre lavoro Éléments d'Économie Politique Pure (1874), Walras introdusse il concetto di equilibrio generale, secondo il quale la determinazione dei prezzi e delle quantità scambiate avviene in maniera simultanea e interdipendente in tutti i mercati: il prezzo di un bene non si stabilisce perciò in modo autonomo, ma emerge dall’interazione dinamica tra le diverse componenti del sistema economico.

Secondo Walras, ogni mercato, con le sue curve di domanda e di offerta, contribuisce al raggiungimento di un equilibrio globale. Una variazione in un settore – ad esempio un aumento della domanda – può influenzare i prezzi e le quantità scambiate non solo in quel mercato, ma anche in altri settori correlati, modificando così l’equilibrio complessivo dell’economia.

Questa concezione ha avuto un grosso impatto sul modo di pensare l’economia, evidenziando come le forze di mercato operino in modo interdipendente e come un cambiamento in un’area possa propagarsi a tutto il sistema.

Walras sosteneva inoltre che la matematica fosse lo strumento ideale per rendere l’analisi economica più rigorosa e quantitativa, avvicinando lo studio dell’economia al rigore delle scienze esatte, come la fisica: attraverso l’utilizzo di equazioni e modelli matematici, si potevano rappresentare in modo coerente le complesse relazioni tra offerta, domanda e prezzi.

Pur riconoscendo l’importanza del concetto di utilità marginale – già centrale nelle teorie di Jevons e Menger – Walras integrava questo principio in una visione più ampia, in cui l’analisi marginalista non si applicava solo al comportamento dei singoli consumatori, ma costituiva il fondamento dell'intero sistema economico.

L'approccio di Walras ha anche contribuito a fornire una base concettuale per la moderna analisi microeconomica.

5. Convergenze e divergenze tra le teorie. Conclusioni

Nonostante le differenze metodologiche e di approccio, le teorie di Jevons, Menger e Walras condividono alcuni tratti fondamentali che hanno rivoluzionato la disciplina economica.

Tutti e tre, infatti, riconobbero l’importanza centrale della domanda nella determinazione del valore e dei prezzi, segnando un netto spostamento rispetto all’analisi classica, che privilegiava la produzione e i costi oggettivi.

La concezione del valore come qualcosa di soggettivo e legato alla percezione individuale ha aperto la strada a una comprensione più profonda e articolata dei meccanismi di mercato, mettendo in luce il ruolo decisivo dell'utilità che i beni possono offrire ai consumatori.

Le divergenze, tuttavia, emergono nei metodi impiegati per analizzare tali fenomeni: Jevons cercava di combinare il ragionamento teorico con l’osservazione empirica, utilizzando strumenti statistici per verificare le sue ipotesi, mentre Menger preferiva un approccio più deduttivo e qualitativo, ritenendo che la complessità delle decisioni individuali richiedesse un’analisi che andasse oltre la mera formalizzazione matematica.

Walras, d’altra parte, fu il principale sostenitore dell’uso della matematica in economia, convinto che solo attraverso modelli quantitativi fosse possibile esprimere in modo completo l’interconnessione tra i vari mercati e raggiungere una visione sistemica dell’economia.

L’impatto della rivoluzione marginalista sulla disciplina economica è innegabile e perdura ancora oggi.

Le idee di Jevons, Menger e Walras hanno posto le basi per l’economia neoclassica, una scuola di pensiero che ha profondamente influenzato l’analisi microeconomica, focalizzandosi sul comportamento dei consumatori e dei produttori e sull’allocazione efficiente delle risorse.

Il concetto di utilità marginale, che in origine poteva apparire come un’idea astratta, è diventato uno strumento fondamentale per analizzare le decisioni economiche, consentendo di spiegare non solo la formazione dei prezzi, ma anche la dinamica delle scelte individuali in un contesto di scarsità e soddisfazione dei bisogni.

Inoltre, l’introduzione del formalismo matematico, in particolare attraverso il lavoro di Walras, ha aperto la strada a un’analisi quantitativa dell’economia, che ha permesso di sviluppare modelli in grado di rappresentare in maniera coerente e sistematica le interazioni tra i vari settori economici.

Questo approccio, sebbene criticato da alcuni per la sua tendenza a semplificare la realtà, ha fornito un importante contributo alla costruzione di una scienza economica più precisa e rigorosa.

Il contributo di Menger, invece, ha alimentato una corrente di pensiero che si concentra sull’analisi delle decisioni individuali e sul ruolo delle percezioni soggettive nel determinare il comportamento economico.

La Scuola Austriaca, che ha le sue radici nel lavoro di Menger, continua a sostenere l’idea che l’analisi economica debba partire dalle scelte e dalle azioni degli individui, evidenziando l’importanza del contesto e della storia personale nel plasmare le decisioni economiche.

È innegabile che la rivoluzione marginalista segni uno dei punti di svolta più importanti nella storia del pensiero economico.

In un’epoca in cui le interazioni di mercato diventano sempre più complesse, il pensiero marginalista rimane un punto di riferimento fondamentale per chi desidera analizzare e interpretare i meccanismi alla base della formazione dei prezzi e dell’allocazione delle risorse, offrendo una visione che, pur radicata in concetti sviluppati nel passato, continua a rivelarsi di grande attualità.


La collezione di articoli sulla "Storia del pensiero economico" contiene:

1. Il progetto di organizzazione sociale di Platone

2. La critica di Aristotele alla dottrina economica di Platone

3. Tommaso d'Aquino

4. Il mercantilismo

5. I fisiocratici

6. L'economia classica: Un nuovo approccio all'economia politica

7. L'economia classica: Smith e Ricardo – Il valore della merce

8. L'economia classica: La distribuzione del reddito

9. L'economia classica: Jean-Baptiste Say

10. L'economia classica: Il pensiero di Malthus e Sismondi

11. L'economia classica: Il cammino verso lo stato stazionario e il commercio estero

12. L'economia classica: John Stuart Mill, l'ultimo economista classico

13. Il socialismo utopistico di Charles Fourier

14. Karl Marx: La sua filosofia di pensiero

15. Karl Marx: Una nuova interpretazione del processo di accumulazione del capitale

16. Karl Marx: La teoria del valore

17. Karl Marx: La teoria del plusvalore. Lo sfruttamento capitalistico

18. Karl Marx: La caduta tendenziale del saggio di profitto

19. Karl Marx: Le caratteristiche della società socialista

20. L'economia neoclassica: La rivoluzione marginalista

21. John Maynard Keynes (più articoli)

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