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L'efficienza dei mercati finanziari

La teoria dei mercati efficienti


30Dic2024

Information
Andrea Gonzali Investimenti finanziari 8355 hits
Prima pubblicazione: 06 Dicembre 2021

«There's quite a bit of evidence that even professionals don't show any ability to pick stocks or to predict market rollbacks. Most of the people we identify as skilled based on returns have probably just been lucky».

Eugene Fama

La teoria dei mercati efficienti (EMH, Efficient Market Hypothesis) rappresenta uno dei pilastri della finanza moderna.

La sua influenza si estende ben oltre l'ambito accademico, avendo profondamente plasmato il modo in cui investitori e operatori finanziari interpretano e interagiscono con i mercati.

Al centro di questa teoria si trova un'idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: i mercati finanziari hanno una notevole capacità di processare le informazioni disponibili e di incorporarle nei prezzi.

Questa intuizione ha richiesto oltre un secolo di sviluppi teorici ed empirici prima di essere formalizzata nella sua versione moderna.

Le origini della teoria dei mercati efficienti: da regnault a fama

Le radici storiche della teoria dei mercati efficienti possono essere rintracciate addirittura nel XIX secolo.

Il primo contributo significativo risale al 1863, quando Jules Regnault, un broker della Borsa di Parigi con la passione per la matematica, pubblicò un libro rivoluzionario per l'epoca: Calcul des Chances et Philosophie de la Bourse.

Regnault sosteneva che il prezzo di mercato di un titolo riflettesse in ogni momento la "saggezza della folla" e che gli speculatori che cercavano di trarre profitto dalle imperfezioni del mercato fossero destinati al fallimento.

Fu il primo a teorizzare che i prezzi dei titoli seguissero un "random walk", dimostrando empiricamente la sua teoria attraverso l'analisi di dati storici sui titoli di stato francesi e britannici.

Nel 1900, il matematico francese Louis Bachelier sviluppò ulteriormente queste idee nella sua tesi di dottorato sui prezzi delle opzioni, elaborando una formulazione matematica più rigorosa del concetto di random walk.

Bachelier sviluppò le equazioni del moto browniano applicate ai prezzi – anticipando persino Albert Einstein – e gettò le basi per i modelli di pricing delle opzioni ancora in uso oggi.

Nella prima metà del XX secolo, diversi studiosi contribuirono allo sviluppo di queste teorie.

In particolare, nel 1933 Alfred Cowles condusse uno studio pionieristico che dimostrò come i professionisti della finanza, impegnati nelle previsioni sull’andamento dei mercati, non ottenessero risultati migliori rispetto a quelli derivanti da previsioni effettuate in modo casuale.

Nel dopoguerra, il matematico Benoît Mandelbrot, padre della geometria frattale, perfezionò l'ipotesi del random walk includendo la possibilità di discontinuità ed eventi estremi.

Nel 1965, Paul Samuelson, vincitore del Premio Nobel per l'economia nel 1970, pubblicò l'articolo Proof that properly anticipated prices fluctuate randomly, in cui sosteneva che "i prezzi di mercato incorporano già tutte le informazioni disponibili sul futuro e riflettono, nei limiti delle possibilità umane, ogni possibile scenario futuro".

Fu però Eugene Fama dell'Università di Chicago, a formalizzare definitivamente la teoria: prima nel 1965, con il suo fondamentale articolo The Behavior of Stock-Market Prices e, successivamente, nel 1970, con il lavoro che divenne una pietra miliare della finanza moderna, Efficient Capital Markets: A Review of Theory and Empirical Work.

Da allora, Fama è diventato il principale punto di riferimento accademico per la teoria dei mercati efficienti, tanto che gran parte della ricerca successiva si è basata sui suoi studi.

È importante precisare che l'ipotesi di Fama è meno restrittiva della teoria del random walk: mentre quest'ultima richiede che le variazioni dei prezzi siano indipendenti e abbiano una varianza fissa e finita, l'Efficient Market Hypothesis si limita ad affermare che i prezzi correnti riflettono tutte le informazioni disponibili.

Che cosa significa che un mercato è efficiente?

La teoria dei mercati efficienti ha rivoluzionato il modo in cui pensiamo ai mercati finanziari e al loro funzionamento.

Ma cosa significa realmente che un mercato è efficiente? E, soprattutto, quanto sono efficienti i mercati nella realtà?

Secondo questa teoria, un mercato è considerato efficiente quando nelle quotazioni dei titoli si riflettono tutte le informazioni, sia passate che presenti.

Questo significa che, in un mercato perfettamente efficiente, sarebbe impossibile "battere sistematicamente il mercato" utilizzando le informazioni pubblicamente disponibili.

In altre parole, nessun investitore potrebbe ottenere regolarmente rendimenti superiori a quelli del mercato senza assumersi rischi maggiori.

Per comprendere meglio questo concetto, possiamo utilizzare un esempio pratico: immaginiamo che un'azienda annunci utili nettamente superiori alle aspettative degli analisti. In un mercato efficiente, il prezzo delle azioni si adeguerà immediatamente alla nuova informazione, salendo rapidamente fino a un nuovo livello di equilibrio.

Questo movimento avverrebbe così velocemente da rendere impossibile, a un investitore normale, la realizzazione di un profitto comprando il titolo dopo l'annuncio.

Qualora i prezzi non incorporassero tutte le informazioni esistenti, sarebbe invece possibile l'esistenza di opportunità per generare un profitto proprio dall'analisi di quelle informazioni.

In un mercato efficiente, dunque, non c'è modo di ottenere un extra-rendimento, a parità di rischio assunto. È proprio nei mercati efficienti che un investimento a gestione passiva deve essere senz'altro preferito a uno a gestione attiva a causa dei bassi costi di gestione e di acquisizione delle informazioni.

Se, da una parte, le eventuali inefficienze sono quelle che permettono agli analisti e ai gestori di generare degli extra-rendimenti, l'efficienza del mercato è molto importante perché è alla base di una corretta allocazione delle risorse (efficienza allocativa).

Il costo di acquisizione delle informazioni è una variabile chiave.

Come dicevamo, un'inefficienza di mercato può essere sfruttata se l'extra-rendimento associato al suo sfruttamento è superiore al suo costo di acquisizione: si ritiene allora che un mercato sia inefficiente se, dopo aver detratto quei costi, il rendimento di una gestione attiva è maggiore di quello del mercato.

Le tre forme di efficienza dei mercati: debole, semi-forte e forte

Fama, vincitore del Premio Nobel in Economia nel 2013 insieme a Lars Peter Hansen e Robert Shiller «for their empirical analysis of asset prices», distingue le tre forme di efficienza riportate nella seguente tabella: 

Efficienza dei mercati
Efficienza del mercatoI prezzi riflettono:
Dati passatiInformazioni pubblicheInformazioni private
Mercato inefficiente      
Efficienza in forma Debole 👍    
Efficienza in forma Semi-forte 👍 👍  
Efficienza in forma Forte 👍 👍 👍

Se i mercati sono efficienti in forma debole, i prezzi degli strumenti finanziari incorporano tutti i dati passati: gli investitori non possono prevedere i prezzi futuri basandosi sui prezzi passati o sulle conformazioni grafiche (patterns).

Se l'efficienza dei mercati in forma debole non viene contraddetta, lo studio e l'utilizzo dell'analisi tecnica per la previsione futura dei prezzi è inutile.

L'analisi tecnica può funzionare soltanto in caso di mercati finanziari inefficienti.

Consideriamo un esempio numerico: se un'azione ha registrato un rendimento del +10% la settimana scorsa, questo dato storico non ci fornisce alcuna informazione utile per prevedere cosa farà la prossima settimana.

I movimenti dei prezzi sarebbero infatti indipendenti tra loro, proprio come i risultati del lancio di una moneta non truccata non sono influenzati dai lanci precedenti.

Ciò non significa, però, che le serie storiche dei prezzi giornalieri degli strumenti finanziari non presentino alcuna autocorrelazione: essa, tuttavia, è troppo debole per essere sfruttata con profitto al netto di tutti i costi.

Se i mercati sono efficienti in forma semi-forte, oltre a incorporare tutti i dati passati, i prezzi riflettono tutte le informazioni pubbliche e disponibili: esse includono sia quelle pubblicate nei bilanci aziendali – come i dividendi, il cash flow e, più in generale, le situazioni economico-finanziarie delle società –, sia tutti i dati finanziari come i prezzi e i volumi della totalità degli strumenti negoziati.

Un mercato efficiente in forma semi-forte è necessariamente efficiente anche in forma debole.

Dato che le informazioni aziendali pubbliche sono già tutte incorporate nei prezzi degli strumenti finanziari, lo studio e l'utilizzo dell'analisi fondamentale con lo scopo di prevedere i prezzi futuri è inutile.

Ovviamente, tra la pubblicazione di un'informazione e il suo assorbimento nei prezzi deve passare un certo lasso di tempo: esso però è insufficiente per poter sfruttare in modo redditizio quell'informazione.

Se i mercati sono efficienti in forma forte, oltre a incorporare tutti i dati passati e tutte le informazioni pubbliche, i prezzi riflettono anche quelle private: esse comprendono le cosiddette informazioni privilegiate, che possono essere sfruttate per fare insider trading.

Un mercato efficiente in forma forte è necessariamente efficiente anche in forma semi-forte e debole.

Secondo i sostenitori della teoria dei mercati efficienti, in un mercato efficiente il prezzo di qualsiasi titolo dovrebbe essere sempre allineato al suo valore intrinseco, definito come il valore attuale di tutti i flussi di cassa futuri che il titolo genererà.

Questo presuppone però l'accettazione dell'esistenza stessa di un valore intrinseco, ovvero di un valore "vero" e oggettivamente determinabile per ogni attività finanziaria.

Sebbene l'esistenza di un valore fondamentale di un certo bene sia accettata dalla maggior parte degli studiosi nella teoria economica, alcuni non concordano con questa visione: sostengono infatti che il valore di un bene sia determinato esclusivamente dall'incontro tra domanda e offerta, senza necessariamente riflettere alcun valore fondamentale sottostante.

La verifica empirica: i test sull'efficienza dei mercati

È difficile dimostrare in modo definitivo il tipo di efficienza di un mercato finanziario. Le opinioni al riguardo sono contrastanti ma, in generale, si reputa che i mercati sviluppati siano più efficienti di quelli in via di sviluppo.

Al giorno d'oggi, non si ritiene che esistano mercati finanziari efficienti in forma forte: questo varrebbe anche per il Forex, che viene da molti considerato il più efficiente dei mercati esistenti.

Nel corso degli anni, i ricercatori hanno condotto numerosi test per verificare l'efficienza dei mercati.

Uno degli approcci più comuni è stato quello di analizzare se fosse possibile prevedere i rendimenti futuri basandosi sui prezzi storici.

I risultati hanno generalmente mostrato che, anche quando emergono dei pattern nei prezzi, questi tendono a scomparire rapidamente non appena gli investitori cercano di sfruttarli, rendendo molto difficile se non impossibile ottenere profitti consistenti nel lungo periodo.

Particolarmente interessanti sono stati gli studi sulla reazione dei prezzi agli annunci importanti, come fusioni, pubblicazione degli utili o modifiche nei dividendi.

Le ricerche hanno mostrato che i prezzi si adeguano molto rapidamente alle nuove informazioni, spesso entro pochi minuti dall'annuncio, rendendo praticamente impossibile per un investitore normale approfittare dell'informazione.

Un altro filone di ricerca molto significativo ha riguardato l'analisi delle performance dei fondi comuni d'investimento. 

Il ragionamento è semplice: se i mercati fossero realmente inefficienti, i gestori professionali, con le loro competenze e risorse, dovrebbero essere in grado di battere sistematicamente il mercato.

Invece, gli studi mostrano che la stragrande maggioranza dei fondi gestiti attivamente non riesce a superare i rispettivi benchmark nel lungo periodo, specialmente dopo aver considerato le commissioni e i costi di gestione.

Per approfondire questo importante tema, vi invitiamo a leggere il nostro articolo intitolato È meglio investire in fondi a gestione attiva o passiva?, dove analizziamo in dettaglio i vantaggi e gli svantaggi delle due strategie.

Le anomalie dei mercati

Nonostante la solidità teorica dell'Efficient Market Hypothesis, nel corso degli anni i ricercatori hanno identificato numerose anomalie nei prezzi degli strumenti finanziari.

Queste anomalie rappresentano dei comportamenti sistematici dei prezzi che, secondo la teoria dei mercati efficienti, non dovrebbero esistere.

Tra queste, le più importanti sono:

  • The January effect: sembra che gennaio sia un mese in cui sia possibile generare degli extra-rendimenti indipendentemente dalla pubblicazione di nuove informazioni.
  • Day-of-the-week effect (detto anche, seppure con diverse sfumature nel significato, Weekend effect): il rendimento medio dei giorni borsistici che cadono di lunedì è negativo e minore di quello degli altri giorni della settimana.
  • Holiday effect: il rendimento medio dei giorni che precedono i festivi è il più alto.
  • Momentum effect: gli strumenti finanziari che generano degli alti rendimenti nel breve termine tendono a continuare a farlo anche nel periodo immediatamente successivo.
  • Size effect: le azioni a bassa capitalizzazione tendono a generare un rendimento più alto – corretto per il rischio – di quelle ad alta capitalizzazione.
  • Value effect: le azioni value, generalmente definite come quelle che hanno un P/E inferiore alla media e dividend yield superiori alla media, tendono a generare un rendimento più alto – corretto per il rischio – delle azioni growth (azioni che distribuiscono pochi o nessun dividendo, ma il cui prezzo tende a crescere nel tempo permettendo all'investitore di generare dei capital gain).

La spiegazione più plausibile per l'esistenza di queste presunte anomalie risiede in un fenomeno noto come data-snooping.

Quando migliaia di ricercatori analizzano ripetutamente lo stesso insieme di dati sui rendimenti azionari, è statisticamente inevitabile che alcuni di loro individuino degli schemi che sembrano significativi ma sono, in realtà, puramente casuali.

È importante comprendere che anche se alcune di queste anomalie sono state effettivamente osservate in determinati periodi storici, questo non garantisce che si ripeteranno in futuro: in effetti, quando si estende l'analisi a periodi temporali diversi o più lunghi, molte di queste presunte anomalie tendono a scomparire, dimostrando la loro natura transitoria o casuale.

Questo ci porta a una considerazione fondamentale per gli investitori: sviluppare strategie di investimento basate su anomalie identificate attraverso il data-snooping può essere particolarmente rischioso.

Tali strategie quasi mai si dimostrano profittevoli nella pratica, specialmente quando si considerano due fattori cruciali: l'aggiustamento dei rendimenti per il rischio e l'inclusione dei costi di transazione.

In altre parole, ciò che sembra un'opportunità di profitto nell'analisi storica dei dati, si rivela spesso un miraggio quando confrontato con la realtà del mercato.

Conclusioni

La teoria dei mercati efficienti rappresenta uno dei contributi più significativi alla comprensione dei mercati finanziari moderni.

Dopo oltre 150 anni di studi, dibattiti e verifiche empiriche, emerge un quadro convincente: i mercati, pur non essendo perfettamente efficienti, dimostrano una notevole capacità di incorporare rapidamente nei prezzi le informazioni disponibili.

Questa comprensione ha profonde implicazioni pratiche per gli investitori. La difficoltà di battere sistematicamente il mercato non dovrebbe essere vista come un limite, ma come una guida verso strategie d'investimento più consapevoli e mature.

L'evidenza suggerisce che il successo nel lungo termine non deriva dalla ricerca ossessiva di inefficienze di mercato o dall'inseguimento di presunte anomalie, ma da un approccio disciplinato basato sulla diversificazione, sul controllo dei costi e sulla pazienza.

La vera forza della teoria dei mercati efficienti risiede nella sua capacità di spingerci verso una visione più realistica dell'investimento: ci insegna che il valore non si crea attraverso la speculazione frenetica o la ricerca di scorciatoie, ma attraverso una comprensione approfondita delle dinamiche di mercato e una gestione accorta del rischio.

Per l'investitore moderno, quindi, la sfida è quella di capire il mercato e utilizzarlo a proprio vantaggio. La teoria dei mercati efficienti ci ricorda che il successo negli investimenti non è una questione di abilità nel market timing o nella selezione dei titoli vincenti, ma dall'accettazione di come i mercati funzionano.

E mentre questi continueranno inevitabilmente a evolversi e a sorprenderci, i principi fondamentali che questa teoria ci ha trasmesso rimarranno una guida preziosa per generazioni di investitori a venire.

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