Karl Marx: la caduta tendenziale del saggio di profitto
- Information
- Storia del pensiero economico 198 hits
- Prima pubblicazione: 10 Novembre 2024
«If my films don't show a profit, I know I'm doing something right».
Woody Allen
La teoria della caduta tendenziale del saggio di profitto costituisce uno dei pilastri fondamentali dell'analisi marxiana del capitalismo.
Si tratta di un fenomeno complesso che, secondo Marx, rivela le contraddizioni intrinseche del sistema economico capitalista e le sue dinamiche di lungo periodo.
Questa teoria, che ha suscitato numerosi dibattiti tra gli economisti e non è esente da critiche sul piano teorico ed empirico, offre comunque una chiave di lettura importante per comprendere i meccanismi delle crisi economiche e le trasformazioni strutturali del capitalismo.
Indice
- La caduta tendenziale e i suoi meccanismi di compensazione
- Conseguenze sociali e prospettive storiche
1. La caduta tendenziale e i suoi meccanismi di compensazione
«The general rise in the rate of wages will ultimately result in nothing else but a fall in the rate of profit».
Karl Marx
A differenza di Ricardo, che collega la caduta tendenziale del saggio di profitto ai rendimenti decrescenti in agricoltura, Marx ne individua l'origine nel cuore stesso del sistema capitalista: la produzione industriale.
Secondo Marx, il funzionamento contraddittorio del sistema capitalista si manifesta proprio attraverso questa caduta tendenziale del saggio di profitto.
Per comprendere questo meccanismo, è necessario analizzare il saggio di profitto, che può essere espresso attraverso la formula:
\begin{equation} Saggio\:di\:profitto=\frac{Plusvalore}{C + V} \end{equation}
Dove:
C = capitale Costante
V = capitale Variabile (lavoro)
Avevamo visto nell'articolo dedicato alla Teoria del plusvalore che il Tasso di plusvalore era calcolato nel modo seguente:
\begin{equation} Tasso\:di\:plusvalore=\frac{Plusvalore}{V} \end{equation}
Possiamo riscrivere quindi il saggio di profitto in funzione del tasso di plusvalore:
\begin{equation} Saggio\:di\:profitto=\frac{\frac{Plusvalore}{V}}{(1 + C/V)} \end{equation}
Questa formula evidenzia due componenti fondamentali: da un lato il tasso di plusvalore, dall'altro la composizione organica del capitale (C/V).
La caduta tendenziale del saggio di profitto si manifesta quando C/V aumenta, fenomeno che deriva dal mutevole rapporto tra capitale e lavoro e riflette indirettamente l'incremento della produttività.
Nel sistema capitalista, infatti, la forte concorrenza costringe le imprese ad aumentare costantemente la produttività: quando un'azienda abbassa i prezzi, le altre sono obbligate a fare altrettanto per sopravvivere sul mercato.
Questa dinamica competitiva spiega la rapida evoluzione del sistema capitalista rispetto ai sistemi economici precedenti.
Il capitalismo, sostituendo progressivamente il lavoro umano con le macchine, determina un continuo aumento di C/V. Tale processo non solo rallenta lo sviluppo della forza lavoro, ma consente al capitale di mantenere una posizione di maggior forza nei confronti dei lavoratori.
Questa legge della caduta del saggio di profitto non opera, però, in modo assoluto: diversi fattori possono contrastarla, trasformandola da legge assoluta in tendenza.
Secondo Marx, essa diventa particolarmente evidente durante le crisi: esistono infatti dei casi controcorrente, sia interni che esterni, capaci di contrastarla temporaneamente.
L'aumento della produttività del lavoro può generare effetti contraddittori: in alcuni casi può portare a un incremento del saggio di profitto, anziché a una sua diminuzione.
Questo avviene quando si riduce il valore del capitale variabile, provocando un aumento del tasso di plusvalore e, conseguentemente, del saggio di profitto stesso.
In termini matematici, riprendendo la formula T = PL/(C+V), quando V diminuisce, T tende ad aumentare.
Questo processo può essere ostacolato dalle lotte sociali, che contrastano l'aumento del tasso di plusvalore e dall'accumulazione del capitale (che determina un incremento di C/V).
Un altro possibile meccanismo che può contrastare la caduta tendenziale del saggio di profitto si manifesta attraverso l'aumento della produttività e il suo effetto sul capitale costante.
Oltre al valore delle materie prime e dei materiali ausiliari impiegati nella produzione, C è determinato dal prodotto tra la quantità di macchinari e il loro valore unitario.
Con il progresso tecnologico, secondo Marx, si verificano due effetti contrapposti: la quantità fisica di capitale, ovvero il numero di macchinari, può diminuire (grazie alla maggiore efficienza dei macchinari), mentre il loro valore unitario tende ad aumentare (per la loro maggiore complessità tecnologica).
Se l'effetto della riduzione della quantità prevale sull'aumento del valore unitario, si avrà una diminuzione di C e quindi di C/V, portando a un temporaneo aumento del saggio di profitto.
Questo meccanismo di compensazione, tuttavia, presenta dei limiti intrinseci. Nel lungo periodo, la necessità di adottare macchinari sempre più avanzati richiede investimenti crescenti, e lo stesso aumento temporaneo del saggio di profitto stimola una maggiore accumulazione di capitale.
Questi fattori portano inevitabilmente a un nuovo aumento di C, ripristinando così la caduta tendenziale del saggio di profitto.
La legge presenta anche casi controcorrente esterni. Ad esempio, l'approvvigionamento di materie prime a un costo più basso determina una riduzione di C, favorendo quindi l'aumento temporaneo del saggio di profitto.
Un effetto di aumento del saggio di profitto si può ottenere anche attraverso i processi di concentrazione del capitale, che permettono di ridurre sia il capitale totale impiegato (C+V) che i costi di produzione.
Per esempio, quando più imprese si fondono, possono condividere macchinari e risorse, riducendo così il capitale necessario per unità di prodotto.
Per Marx, però, questi diversi fattori compensativi – sia la riduzione dei costi delle materie prime che le economie di scala derivanti dalla concentrazione del capitale – hanno un'efficacia solo temporanea.
Nel lungo periodo, non riescono a neutralizzare la caduta tendenziale del saggio di profitto, che riemerge quando questi fattori di compensazione esauriscono il loro effetto.
Questa dinamica rivela una delle contraddizioni fondamentali del sistema capitalista: nel tentativo di massimizzare il saggio di profitto attraverso l'innovazione tecnologica e l'aumento della produttività, il sistema genera le condizioni che portano alla sua diminuzione.
Il capitalista individuale è infatti costretto ad aumentare la produttività attraverso nuovi investimenti in macchinari per ottenere un vantaggio competitivo temporaneo. Ma quando tutti i capitalisti fanno lo stesso, si verifica un aumento generale del capitale costante (C) e a una diminuzione del lavoro impiegato (V).
Poiché nel lungo termine il profitto deriva dal pluslavoro, cioè dal lavoro non pagato, a livello di sistema la diminuzione complessiva del lavoro impiegato porta inevitabilmente a una caduta del saggio di profitto.
2. Conseguenze sociali e prospettive storiche
«In nature there are neither rewards nor punishments: there are consequences».
Robert G. Ingersoll
La caduta del saggio di profitto rappresenta una tendenza strutturale di lungo periodo del sistema capitalista.
Sebbene i suoi effetti possano essere temporaneamente mitigati da vari fattori che influenzano sia il numeratore che il denominatore della formula rielaborata del saggio di profitto, le sue conseguenze sono profonde e durature.
In particolare, l'aumento del tasso di plusvalore si traduce in un maggiore sfruttamento dei lavoratori, poiché cresce la quota di lavoro non retribuito (plusvalore) rispetto al lavoro pagato (salario).
Da questa dinamica, Marx deriva la sua celebre tesi sul progressivo impoverimento della classe operaia.
A differenza di Ricardo, che prevedeva un'evoluzione graduale dell'economia verso uno stato stazionario, Marx sostiene che tale scenario sia incompatibile con la logica intrinseca del capitalismo.
La caduta del saggio di profitto, infatti, accentua l'instabilità del sistema, che si manifesta principalmente attraverso due fenomeni: la disoccupazione e le crisi economiche.
Il fenomeno della disoccupazione rivela una dinamica particolarmente complessa. L'accumulazione del capitale produce due effetti contraddittori sull'occupazione: l'aumento della produttività del lavoro (e quindi di C/V) riduce il fabbisogno di manodopera, mentre l'espansione dei mezzi di produzione (C+V) può generare nuova occupazione.
Marx illustra questa dinamica con l'esempio seguente: in un sistema produttivo che inizialmente impiega una macchina e dieci lavoratori per produrre 100 unità, l'introduzione di una macchina più efficiente potrebbe dimezzare la forza lavoro necessaria mantenendo invariata la produzione.
Se, però, si decidesse di raddoppiare la produzione a 200 unità, potrebbe rendersi necessaria l'assunzione di nuovi lavoratori.
Nel sistema capitalista, tuttavia, la decisione di espandere la produzione è vincolata a due importanti condizioni: l'incremento del saggio di profitto e l'esistenza di adeguati sbocchi di mercato.
Quest'ultima condizione è particolarmente significativa perché Marx rigetta la legge di Say, secondo la quale l'offerta creerebbe sempre la propria domanda. Per Marx, infatti, non c'è alcun automatismo che garantisca che l'aumento della produzione trovi sempre un mercato capace di assorbirla.
Da questa analisi, Marx conclude che la disoccupazione non è una conseguenza inevitabile del progresso tecnologico, ma si manifesta quando il mercato non riesce ad assorbire l'aumento della produzione.
Nel sistema capitalista, la disoccupazione assume una duplice funzione strategica: costituisce una riserva di forza lavoro a cui attingere nelle fasi di ripresa e rappresenta uno strumento di pressione per contenere le rivendicazioni salariali.
Le crisi economiche, invece, seguono una dinamica ciclica: nelle fasi in cui i meccanismi di compensazione operano efficacemente, l'economia attraversa periodi di boom caratterizzati da rapida crescita ed euforia imprenditoriale.
Questi meccanismi, tuttavia, si rivelano presto inadeguati a contrastare l'aumento della composizione organica del capitale, permettendo alla caduta tendenziale del saggio di profitto di manifestarsi pienamente.
Si tratta di una dinamica che viene ulteriormente accentuata dall'aumento ciclico dei salari che tipicamente accompagna le fasi di prosperità: esso riduce il tasso di plusvalore, contribuendo a innescare la crisi.
Paradossalmente, la crisi stessa, pur essendo una conseguenza della caduta del saggio di profitto, diventa anche uno strumento temporaneo per superarla.
Ogni crisi contiene infatti al suo interno i germi della ripresa, che si manifestano attraverso tre meccanismi principali: l'intensificazione del lavoro, che aumenta il tasso di plusvalore e del profitto; la riqualificazione delle imprese produttrici di beni di consumo, quando il saggio di profitto riprende a crescere; la riorganizzazione del capitale che, favorendo alcuni settori a scapito di altri, stimola una nuova fase di accumulazione e investimenti.
Per Marx, che interpreta la storia dell'umanità come storia della lotta di classe, il superamento di queste contraddizioni può avvenire solo attraverso il rovesciamento della classe borghese.
La sua analisi delle crisi lo porta a prevedere un progressivo aggravamento delle difficoltà da un ciclo all'altro, con crisi sempre più frequenti e violente.
Questa prospettiva, insieme ai fenomeni della sovrappopolazione relativa e della concentrazione del capitale, rappresenta per Marx la prova che il capitalismo, sempre meno capace di gestire le proprie contraddizioni interne, è destinato al superamento storico.
La teoria della caduta tendenziale del saggio di profitto ha suscitato numerosi dibattiti nell'ambito del pensiero economico. I critici e coloro che hanno tentato di reinterpretare il pensiero di Marx in modo da renderlo più robusto da un punto di vista teorico-pratico sono stati davvero tanti.
È impossibile elencarli tutti, anche se forse un contributo che merita di essere menzionato è quello di un economista poco conosciuto in Occidente: Nobuo Okishio.
Nel suo teorema omonimo del 1961, Okishio ha cercato di dimostrare matematicamente come, in condizioni di salari reali costanti, l'introduzione di innovazioni tecniche che riducono i costi dovrebbe portare a un aumento, non a una diminuzione, del saggio di profitto.
La dimostrazione è molto complessa e ha generato un intenso dibattito teorico, con numerose discussioni e contro-dimostrazioni da parte di economisti sia critici che difensori della teoria marxiana.
Rimane il fatto che la natura tendenziale della legge di caduta del saggio di profitto e la presenza di meccanismi di compensazione contrastanti rendono complessa la sua verifica empirica.
Queste problematiche metodologiche hanno alimentato un dibattito sulla natura scientifica della teoria che continua ancora oggi.
La collezione di articoli sulla "Storia del pensiero economico" contiene:
1. Il progetto di organizzazione sociale di Platone
2. La critica di Aristotele alla dottrina economica di Platone
6. L'economia classica: Un nuovo approccio all'economia politica
7. L'economia classica: Smith e Ricardo – Il valore della merce
8. L'economia classica: La distribuzione del reddito
9. L'economia classica: Jean-Baptiste Say
10. L'economia classica: Il pensiero di Malthus e Sismondi
11. L'economia classica: Il cammino verso lo stato stazionario e il commercio estero
12. L'economia classica: John Stuart Mill, l'ultimo economista classico
13. Il socialismo utopistico di Charles Fourier
14. Karl Marx: La sua filosofia di pensiero
15. Karl Marx: Una nuova interpretazione del processo di accumulazione del capitale
16. Karl Marx: La teoria del valore
17. Karl Marx: La teoria del plusvalore. Lo sfruttamento capitalistico
18. Karl Marx: La caduta tendenziale del saggio di profitto
19. Karl Marx: Le caratteristiche della società socialista
20. L'economia politica neoclassica (più articoli)
21. John Maynard Keynes (più articoli)
22. ...