Confusion de Confusiones (1688): il primo libro sulla Borsa
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- Prima pubblicazione: 06 Novembre 2022
«Confusione è una parola inventata per indicare un ordine che non si capisce».
Henry Miller
Più di tre secoli fa – nel 1688 – Josef de la Vega, un portoghese, scrisse in spagnolo un libro molto curioso sulla Borsa di Amsterdam: Confusion de Confusiones, composto da quattro dialoghi che vedono protagonisti un mercante, un filosofo e uno speculatore.
Si tratta del primo libro che sia mai stato scritto sulla Borsa.
L'opera è stata dimenticata per circa due secoli: la sua riscoperta è avvenuta soltanto nel 1892 – quando l'economista Richard Ehrenberg scrisse l'articolo Die Amsterdamer Aktienspekulation im 17. Jahrhundert – e nel XX secolo, con le traduzioni in lingua tedesca, olandese e inglese completate nel 1919, 1939 e 1957.
Nel 1995, il Financial Times ha inserito Confusion de Confusiones nella classifica dei 10 libri migliori sugli investimenti mai scritti.
A che cosa può servire, oggi, la lettura di quest'opera?
Per gli amanti della storia della finanza, permette di avere un'idea abbastanza precisa delle dinamiche borsistiche di quel tempo:
- Gli operatori che negoziavano le azioni erano – tra gli altri – ricchi investitori, mercanti locali che provavano a speculare occasionalmente, speculatori professionali, il Banco di cambio di Amsterdam, persone che utilizzavano le azioni come garanzia per indebitarsi, broker di vario tipo e i rescontrants, cioè coloro che mensilmente effettuavano la rendicontazione e la liquidazione delle operazioni effettuate.
- Si negoziavano azioni, futures, opzioni (almeno le call e le put) e azioni denominate ducation, titoli dal funzionamento abbastanza oscuro ma che furono abbandonati proprio mentre de la Vega stava scrivendo Confusion de Confusiones.
- Gli acquisti e le vendite di azioni venivano di solito – ma non sempre – effettuati tramite broker, che potevano essere indipendenti o autorizzati dal Governo. Soltanto i primi potevano operare anche per conto proprio.
- Le transazioni venivano eseguite nella piazza chiamata "Old Dam" di Amsterdam, che tuttavia non era l'unica luogo di scambio: l'autore ci riporta casi di operazioni di compravendita effettuate anche nei caffè o nelle abitazioni private.
Sono informazioni che ci permettono di capire come più di tre secoli fa le transazioni borsistiche avessero già raggiunto uno stadio molto avanzato.
L'aspetto più interessante dell'opera, tuttavia, sono le quattro regole di base del mercato azionario che de la Vega introduce nel secondo dialogo:
- Non consigliare mai a nessuno di comprare o vendere azioni, perché anche il consiglio più benevolo potrebbe generare brutte conseguenze.
- Porta a casa ogni guadagno senza mostrare rimorso per i profitti mancati, "perché un'anguilla potrebbe scappare prima di quanto pensi". È saggio, secondo de la Vega, godere di ciò che è possibile senza sperare nella continuazione di una congiuntura favorevole e nella persistenza della fortuna.
- Il profitto nel mercato azionario è il tesoro di uno spirito maligno: con un linguaggio poetico, de la Vega spiega come i guadagni borsistici per un istante abbiano il valore di un diamante, ma l'attimo successivo si siano già trasformati in un sassolino. E ancora: a volte, il guadagno è una goccia di rugiada; altre volte, è soltanto una lacrima amara.
- Chi vuole guadagnare in Borsa deve avere pazienza e soldi, poiché i prezzi non sono per niente stabili e le voci che circolano sono molto poco fondate sulla verità.
La seconda e la terza regola sono un po' in contraddizione con la quarta: oggi, potremmo dire che le prime sono utili ai trader di breve periodo mentre l'ultima è adatta agli investitori di lungo periodo.
Siamo portati a credere che la frenesia contemporanea sia uno dei motivi per cui è sempre più difficile avere pazienza: ad esempio, si leggono sempre meno libri ma si "consumano" più post, tweet, messaggi o video brevi. Contenuti usa e getta.
Ci si immagina, invece, il mondo di tre o quattro secoli fa come molto più statico di quello attuale; come se il tempo – allora – scorresse molto più lentamente.
Nel mondo finanziario, però, sembra che le cose non fossero molto diverse da oggi: nel 1688, la Borsa di Amsterdam era un luogo dove si potevano già accumulare o perdere somme incredibili in tempi brevissimi. Chi aveva conoscenze sufficienti per capirne il funzionamento, come de la Vega, aveva però già intuito quanto la pazienza fosse una disposizione d'animo fondamentale per l'investitore.
Con tutti i distinguo del caso, possiamo affermare come in Confusion de Confusiones si possa trovare il primo vago accenno a un approccio pigro agli investimenti, che verrà riscoperto soltanto tre secoli più tardi da John Bogle.
Nel XVIII secolo, l'andamento della Borsa era altalenante e periodi di euforia e di crisi si succedevano proprio come oggi. Nel 1688, una crisi finanziaria era appena iniziata e de la Vega la descriveva così:
Gli orsi suonarono la tromba e gridarono che avrebbero dichiarato guerra... Fu prodotto un tale panico, uno shock così inesplicabile che il mondo intero sembrò sgretolarsi, la terra essere sommersa e i cieli crollare.
Una crisi finanziaria scatenava il panico tra gli investitori, allora come adesso. I meccanismi psicologici che governano il rapporto tra gli uomini e i soldi, d'altra parte, sono e saranno sempre gli stessi.
In Confusion de Confusiones si ritrovano alcuni tipici comportamenti degli investitori che, oggi, potremmo definire bias: effetto gregge, overconfindence, excessive trading, overreaction e underreaction, regret aversion e disposition effect. De la Vega può essere quindi considerato un pioniere nella rappresentazione di molti dei comportamenti degli investitori che oggi vengono studiati dalla finanza comportamentale.
Tanti tipi di personaggi popolavano la Borsa di Amsterdam del 1688: un luogo spesso oscuro, caotico e, soprattutto, rischioso. Nello stesso tempo, l'alta sofisticazione degli strumenti finanziari che vi circolavano e le dinamiche tra domanda e offerta che ne definivano i prezzi, lasciano trasparire il preciso ordine che governava il suo funzionamento.
Non è facile descrivere un luogo unico nel suo genere come la Borsa: Josef de la Vega l'aveva intuito e il titolo della sua opera – Confusion de Confusiones – non poteva essere più azzeccato.