È vero che il mercato azionario cresce lentamente e crolla velocemente?
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- Prima pubblicazione: 16 Gennaio 2021
«Wisely and slow. They stumble that run fast».
William Shakespeare
Si ritiene che i mercati azionari crescano lentamente ma, quando arriva una crisi finanziaria, il crollo sia molto più rapido.
Spesso, ma non sempre, è così. Vediamo perché.
Analizziamo il grafico logaritmico dello S&P 500 Total Return:
- Lo S&P 500 è un indice statunitense composto dalle 500 società a maggiore capitalizzazione.
- Un indice Total Return comprende anche i dividendi, che vengono perciò sempre reinvestiti nello stesso indice.
L'indice S&P 500 classico – il Price Return – non ne tiene conto. - Un grafico logaritmico aiuta a percepire meglio gli incrementi percentuali dell'indice (rendimenti), che vengono misurati dalla stessa distanza verticale sia nella parte bassa che in quella alta dell'asse delle Y.
In altre parole, la distanza verticale tra 100 e 110 sarà uguale a quella tra 1000 e 1100, mentre in una scala non logaritmica la seconda distanza sarebbe 10 volte più grande della prima.
Il grafico parte dal 1985 e termina il 13 dicembre 2022. Le due discese più importanti sono quelle successive allo scoppio della bolla dotcom, tra il 2000 e il 2003, e quella dei subprime del 2008-2009.
Prima di queste, si può individuare il Black Monday, il lunedì nero: 19 ottobre 1987. Quel giorno si verificò un incredibile tracollo dei mercati: lo S&P 500 TR scese del 20,47% e il Dow Jones del 22,61%, la più grande perdita giornaliera della sua storia.
La maggior parte degli altri mercati subì la stessa sorte.
Sono passati oltre 35 anni dal famigerato Black Monday, e non è ancora completamente chiaro il motivo che scatenò l'enorme ondata di vendite.
Alcuni ritengono che l'uso dei computer per trasmettere gli ordini di acquisto o di vendita (da poco introdotto a Wall Street) e, in particolare, una nuova strategia di trading automatica furono all'origine della crisi: il raggiungimento di una determinata soglia di prezzo fece scattare alcuni ordini di vendita che, a loro volta, abbassarono ulteriormente i prezzi.
La contestuale eliminazione di molti ordini di acquisto dai book di negoziazione delle azioni, anch'essa automatizzata, innescò una spirale che determinò il collasso del mercato.
Indipendentemente dai motivi che causarono l'improvvisa discesa dei prezzi, il Black Monday rappresenta il classico esempio di crollo molto rapido del mercato, preceduto e seguito da una crescita molto più lenta.
Il grafico seguente – uno zoom del periodo ottobre 1987/maggio 1989 – lo dimostra:
Non tutte le crisi finanziarie sono uguali. La discesa che ha seguito lo scoppio della bolla dotcom è durata circa 3 anni (2000–2003): in questo caso, non è stata in media più ripida della salita che l'ha preceduta, soprattutto considerando il quinquennio 1995-2000.
Vediamo il grafico:
La crisi dei subprime, iniziata nel 2007, è un altro caso in cui la discesa del mercato è stata molto più rapida della crescita antecedente: in poco più di un anno i valori dello S&P 500 sono tornati ai minimi del 2003, realizzando un calo circa quattro volte più brusco dell'ascesa.
È anche vero, però, che la crescita successiva al 2009 è stata anch'essa molto veloce, anche se non quanto la discesa: nel giro di un paio d'anni, lo S&P 500 è tornato più o meno sui massimi del 2007.
Ecco il grafico dello S&P 500 Total Return del periodo compreso tra agosto 2007 e aprile 2011:
Possiamo dire la stessa cosa anche in merito alla crisi del 2020, originata dal COVID-19: in questo caso discesa e risalita sono state estremamente veloci, avvenute entrambe nello spazio di pochi mesi.
Il crollo è durato circa un mese; il recupero completo, circa 3-4 mesi: di nuovo, la discesa è stata molto più rapida della risalita, anche se il tutto si è svolto in tempi eccezionalmente brevi:
Infine, la crisi che stiamo vivendo e che ha caratterizzato l'intero 2022:
Finora, la discesa non è stata molto ripida e ci sono stati diversi tentativi di invertire il trend, che non hanno però avuto successo.
Vedremo negli anni seguenti se si tratterà di una crisi in cui la discesa è stata più veloce della successiva risalita o meno.
Uno dei motivi per cui i crolli azionari sono più repentini delle fasi di crescita è il panic-selling: vendite alimentate dalla paura di ulteriori ribassi del mercato da parte di investitori ormai in preda al panico. Vendite che, quasi sempre, sono effettuate prima del raggiungimento dell'orizzonte temporale previsto all'inizio dell'investimento.
Durante il biennio 2007-2009 le vendite non sono avvenute in modo massiccio all'inizio della crisi, ma sono aumentate col passare del tempo: il panico è divampato quando tutti i mass media hanno iniziato a ipotizzare scenari catastrofici e la grande maggioranza degli investitori (definita sarcasticamente "parco buoi") ha iniziato a vendere a tutti i costi e a qualunque prezzo.
In conclusione, la velocità della discesa dei mercati azionari è mediamente maggiore di quella delle fasi di crescita. Nel lungo termine, però, i mercati azionari tendono a salire per un tempo superiore a quello in cui scendono.
Per questo, è fondamentale rispettare il proprio orizzonte temporale senza farsi prendere dal panico, valorizzando una delle qualità più importanti che un investitore deve possedere: la pazienza.