Il Value Investing è davvero la migliore strategia di investimento?
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- Prima pubblicazione: 13 Dicembre 2020
«Don't be seduced into thinking that that which does not make a profit is without value».
Arthur Miller
Il Value Investing è una strategia di investimento sviluppatasi negli anni '20 e '30 del secolo scorso a partire dal lavoro di due professori della Columbia University: Benjamin Graham e David Dodd.
Il loro libro Security Analysis, uscito nel 1934 e continuamente aggiornato negli anni seguenti, gettò le basi a quella che sarebbe diventata una strategia di investimento seguita da generazioni di investitori, alcuni dei quali diventati delle vere e proprie leggende (il più noto è Warren Buffett, soprannominato "oracolo di Omaha").
Nel 1949, Benjamin Graham pubblicherà un altro libro di grande successo: The Intelligent Investor. The Intelligent Investor, forse ancor più di Security Analysis, è considerato la bibbia del Value Investing ed è stato tradotto di recente anche in italiano.
Cos'è il Value Investing
In breve, il Value Investing è una strategia di investimento che ha lo scopo di stimare il valore intrinseco o fondamentale delle azioni di una società: confrontandolo poi con il prezzo di mercato, l'analista potrà dedurre se quelle azioni siano sottovalutate, sopravvalutate o valutate correttamente.
Questa strategia si basa sull'assunto che il prezzo di mercato non sia il miglior stimatore del valore intrinseco. Di conseguenza, se il prezzo di mercato delle azioni è inferiore al valore intrinseco stimato, le azioni saranno considerate sottovalutate (e viceversa).
Lo scopo del Value Investing è quindi individuare le azioni sottovalutate e inserirle nel portafoglio dell'investitore. Nel tempo, valore intrinseco e prezzo di mercato dovrebbero riallinearsi, comportando un aumento del prezzo delle azioni.
Partiamo dal presupposto che il Value Investing funzioni. Ammettiamo, cioè, che questa strategia performi meglio del mercato nel lungo termine. È un'ipotesi che si è dimostrata veritiera in molti periodi nel passato ed è per questo largamente accettata.
Negli ultimi due decenni, tuttavia, il Value Investing ha attraversato lunghe fasi in cui ha dato scarsi risultati, tanto che in molti ne stanno mettendo in dubbio la validità.
È possibile che, dopo diversi decenni di successi, il Value Investing stia tramontando?
Nessuno può saperlo, ma in questo articolo escludiamo questa possibilità. Vogliamo focalizzarci su un altro aspetto del Value Investing: la difficoltà nel mettere in pratica questa strategia di investimento.
Il Value Investing sembra facile. Spesso, viene presentato come una strategia alla portata di chiunque voglia un minimo impegnarsi nell'analisi di un bilancio aziendale.
In realtà, è molto più difficile di quanto si pensi. Il Value Investing è una strategia di investimento per pochi professionisti, estremamente preparati e specializzati in questa tipologia di analisi.
Chi ha studiato un po' di economia aziendale e sa leggere un bilancio potrebbe essere portato a pensare che con queste conoscenze il Value Investing sia una strategia accessibile. Saper leggere un bilancio, però, non basta.
Le difficoltà del Value Investing
Le principali difficoltà da affrontare sono le seguenti:
- Da quale settore iniziare l'analisi e perché?
- Una volta selezionato il settore, quale società scegliere e perché?
- Cosa significa analizzare il bilancio?
- Dal momento che esistono decine di indici di bilancio, su quali focalizzarsi e perché?
- Quale modello di valutazione utilizzare?
- Cosa significa e cosa implica il concetto di valore intrinseco?
Si potrebbero scrivere decine di pagine solo per rispondere a ciascuna di queste domande.
La scelta del settore, ad esempio, richiede un approccio di tipo macroeconomico, molto più complesso di quello che si possa pensare. Supponiamo, comunque, di aver individuato sia il settore che la società da analizzare.
Ipotizziamo anche di aver scelto il modello di valutazione appropriato e di passare all'analisi di bilancio. Dovremo:
- Riprocessare l'intero bilancio della società selezionata: stato patrimoniale, conto economico, rendiconto finanziario e nota integrativa. Sono 4 documenti di svariate pagine ciascuno, piene zeppe di numeri.
Prendiamo lo stato patrimoniale: l'analista dovrà riprocessare l'intero documento applicando diverse metodologie di valutazione delle immobilizzazioni, delle immobilizzazioni finanziarie, delle disponibilità di magazzino o finanziarie e così via.
Ci sono poi gli altri 3 documenti, tutti importantissimi, da analizzare e riprocessare quando appropriato. - Analizzare altre imprese del settore scelto, usando le stesse tecniche adoperate per la prima società. Ovviamente, analizzarle tutte sarà impossibile: si dovrà anche qui fare una scelta, in base a certi criteri, che porti alla definizione di un paniere ristretto di società.
Questa seconda fase è fondamentale, perché l'analisi di una singola azienda non è sufficiente: una tappa importante del Value Investing è infatti il confronto dei risultati ottenuti con quelli di altre imprese dello stesso settore.
Una delle conclusioni a cui si potrebbe giungere è che molte società del settore scelto risultino sopravvalutate o sottovalutate. In tal caso, lo saranno veramente o tutta la metodologia di analisi è da rivedere?
Solo l'analista conosce in dettaglio la procedura seguita; soltanto lui potrà dare una risposta a questa domanda. Non si può escludere, comunque, che tutta l'analisi debba ripartire dall'inizio.
Superato anche questo scoglio, non è ancora detto che l'indagine sia terminata.
Alcuni gestori di fondi attivi (o di Hedge Fund) specializzati nel Value Investing non prendono una decisione finale prima di aver visitato alcune delle aziende esaminate, personalmente o inviando membri del proprio team. Le visite implicano numerosi viaggi, potenzialmente in tutto il mondo.
Perché alcuni professionisti ricorrono a questo ulteriore step, nonostante sia molto costoso?
Perché un conto è analizzare numeri, che potrebbero anche essere fini a sé stessi, un altro è fare l'esperienza della "vera" realtà aziendale: conoscendone il management, capendone l'organizzazione, i punti forti e quelli deboli, i piani aziendali, le prospettive di sviluppo e così via.
Una volta giunti alla fine di questa immane mole di lavoro, non è detto che si abbiano le risposte giuste alle domande iniziali: i risultati delle analisi potrebbero anche essere sbagliati, in toto o in parte.
Nonostante tutto, qualcosa potrebbe essere sfuggito o andato storto.
I gestori dei fondi attivi che basano sul Value Investing le scelte dei titoli da inserire in portafoglio sono dei professionisti molto preparati, che svolgono queste ricerche ogni giorno: sono degli specialisti di questo tipo di analisi.
Eppure, non è facile nemmeno per loro. Come è noto, i fondi a gestione attiva che battono il benchmark nel lungo termine sono una piccola percentuale: quelli che adottano strategie di Value Investing non sono da meno.
Backtest
Chi utilizza i backtest come validazione delle proprie analisi basate sul Value Investing deve fare attenzione al momento in cui utilizza certe informazioni. Supponiamo che stia analizzando il P/E di alcune società nell'anno X: il modello suggerisce l'acquisto o la vendita delle azioni in base al valore di questo importante indice.
Quando si effettuano backtest che utilizzano dati di bilancio, uno degli errori più comuni è quello di implementare le operazioni il primo giorno borsistico dell'anno successivo a quello del bilancio analizzato. Il backtest viene infatti inficiato dal Look-Ahead Bias: l'utilizzo di informazioni che non sarebbero state disponibili nel momento in cui ne facciamo uso. In altre parole, stiamo sbirciando nel futuro.
Come è possibile?
L'errore è nel non considerare che i bilanci di esercizio delle aziende che si stanno analizzando sarebbero stati pubblicati alcuni mesi più tardi della data di chiusura dell'esercizio in esame.
Se uno qualsiasi dei dati compresi in un bilancio viene utilizzato in una data anteriore a quella della sua effettiva pubblicazione, i risultati del backtest saranno totalmente inaffidabili.
Conclusioni
Non ci si improvvisa analisti finanziari e il Value Investing non è affatto semplice. In fin dei conti, il Value Investing è finalizzato allo stock picking: la selezione delle azioni che dovranno performare meglio del mercato.
Fare stock picking è difficile: in pochi riescono ad avere successo nel lungo periodo con questa strategia di investimento.
Chi si improvvisa Value Investor rischia di farsi del male, finanziariamente parlando. Se ci sono riusciti Warren Buffett e il mitico Benjamin Graham, non è detto che possa riuscirci chiunque.
In ogni caso, tutti coloro che sostengono che il Value Investing sia una strategia di investimento relativamente semplice – alla portata di tutti – probabilmente non hanno idea di quello che stanno dicendo.
È corretto trattare i prezzi di mercato col giusto scetticismo, in quanto potrebbero non rispecchiare il valore intrinseco di certe società.
Ancora meglio, però, è trattarli con rispetto: potrebbero essere molto più vicini al valore intrinseco di quello che le nostre analisi ci suggeriscono.