Concentrare l'investimento nel mercato azionario italiano non è una buona idea
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- Prima pubblicazione: 28 Novembre 2021
«La situazione politica in Italia è grave ma non è seria».
Ennio Flaiano
Concentrare il proprio investimento nel mercato azionario italiano non ha senso per almeno tre motivi.
1) Non si aumenta il rendimento atteso
Quando negli investimenti finanziari si passa dal particolare al generale, di solito si rinuncia a un po' di rendimento atteso per ottenere in cambio una diminuzione del rischio.
Lo scopo principale della diversificazione è proprio quello di mitigare il rischio dell'investimento.
Alcuni investitori decidono comunque di perseguire la massimizzazione del rendimento atteso ed è per questo che scelgono di concentrare il proprio portafoglio finanziario in una o poche aree geografiche, settori o addirittura società.
Nel caso del mercato azionario italiano, però, la scelta è discutibile anche per loro: è accaduto molte volte in passato che i rendimenti del mercato italiano siano stati inferiori a quelli di mercati geograficamente più ampi, come l'area euro, il mercato europeo o quello globale, senza alcuna contropartita in termini di minor rendimento.
Evitare di investire soltanto sul mercato azionario italiano, scegliendo invece un mercato più generale, permette con molta probabilità non soltanto una riduzione del rischio ma anche un incremento del rendimento atteso. In altre parole, è possibile che in questo specifico caso non venga necessariamente rispettata la regola per cui rischio e rendimento viaggiano sempre nella stessa direzione.
Questo è ciò che possiamo speculare sulla base del passato: il futuro, ovviamente, è sconosciuto.
Vediamo le differenze di rendimento cumulato tra l'indice italiano (FTSE MIB) e quello dell'area euro (MSCI EMU) nel periodo compreso tra il 27 gennaio 2010 e il 25 novembre 2021:
Il confronto è impietoso: il mercato dell'area euro (linea rossa) ha ottenuto un rendimento cumulato più che doppio di quello italiano (linea nera): 133,10% contro 63,74%.
Verifichiamo la volatilità di entrambi i mercati: l'area euro ha ottenuto una deviazione standard annualizzata dei rendimenti pari al 19,17%; quella del mercato italiano è stata pari al 24,67%. Il rischio di quest'ultimo mercato è stato più alto.
Terminiamo l'analisi del rischio calcolando il massimo drawdown: 38,07% per il mercato dell'area euro; 43,62% per quello italiano.
Il grafico dei drawdown è quello più in basso della figura precedente: oltre al più elevato maggior drawdown si può notare come il mercato italiano abbia mediamente sopportato drawdown più elevati.
Il minor rendimento unito a una maggiore volatilità del mercato italiano rispetto a quello dell'area euro potrebbe essere imputato al caso o al campione di dati scelto: potremmo ipotizzare che nei prossimi 10 o 20 anni le cose cambino.
Tuttavia, un invito alla prudenza è d'obbligo: la situazione macroeconomica italiana (debito pubblico, pressione fiscale ecc.) non è delle migliori ed è difficile che possa essere migliorata sensibilmente nel breve o nel medio termine.
2) Home Bias
La sensazione che il mercato "locale" sia migliore, più economico, meno rischioso o più controllabile non è altro che un effetto psicologico distorsivo: prende il nome di Home Bias ed è la tendenza di un investitore a impiegare il proprio capitale soprattutto nel mercato azionario domestico, ignorando gli enormi benefici della diversificazione.
Questo bias deriva, tra molti altri fattori, anche dalle più alte commissioni di transazione dei prodotti azionari internazionali rispetto a quelli domestici: se questo era vero alcuni decenni fa, oggi non lo è più.
Strumenti finanziari come gli ETF permettono di investire non soltanto nell'area euro, ma anche nei mercati più remoti a costi molto bassi.
L'Home Bias non colpisce soltanto gli italiani: vale per tutti gli investitori del mondo. Come riportato da Richard Thaler e Cass Sustein in Nudge:
Consider the following fact. Sweden accounts for approximately 1 percent of the world economy. A rational investor in the United States or Japan would invest about 1 percent of his assets in Swedish stocks. Can it make sense for Swedish investors to invest 48 times more? No.
...
This reflects the well-known tendency of investors to buy stocks from their home country, something that economists refer to as the home bias.
3) Concentrare su poche azioni
Investire nel mercato italiano, per l'investitore italiano medio, non significa comprare tutto il mercato, magari replicando l'indice con un ETF: vuol dire semplicemente comprarsi un po' di azioni ENI, ENEL o Generali "perché sono quelle che danno dei buoni dividendi", lasciandosi magari un po' di liquidità per "tradare" STM, Tenaris o altre azioni del genere, perché "sono quelle che hanno una buona volatilità".
In conclusione, concentrare il proprio investimento sul mercato azionario italiano non ha senso.
Ci potrebbero essere delle eccezioni: ad esempio, il mercato italiano potrebbe essere il risultato della scelta di un algoritmo di un qualche modello econometrico di investimento. Ma sono, appunto, eccezioni che devono essere ben motivate: nella stragrande maggioranza dei casi, la scelta di un mercato azionario geograficamente più ampio – come quello dell'area euro o globale – è da preferire.
A meno che non siate dei professionisti, è meglio diversificare l'investimento finanziario che concentrarlo.
Quando si decide di investire sui mercati azionari, la prima cosa da fare è evitare di prendersi rischi inutili.