Breve storia dell'euforia finanziaria - Parte 2
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- Finanza comportamentale 3476 hits
- Prima pubblicazione: 19 Aprile 2021
«La massa ha scarsissima capacità di giudizio e assai poca memoria».
Arthur Schopenhauer
I tratti caratteristici dell'evento speculativo
Il bene al centro della speculazione finanziaria non è mai lo stesso: varia sempre ed è spesso molto diverso da quello che ha caratterizzato l'evento speculativo precedente.
Tra i protagonisti dei più famosi episodi di speculazione troviamo i tulipani, le società per azioni, la nuova libertà d'impresa promossa della politica reaganiana, i junk bonds e, in tempi più recenti, le aziende operanti su Internet (all'origine della crisi dotcom di inizio secolo) e i prestiti ad alto rischio conosciuti come subprime.
L'immancabile costante è la sensazione di trovarsi in presenza di qualcosa di assolutamente nuovo. Citiamo ancora una volta lo stesso Galbraith:
In tutti gli eventi speculativi c'è sempre un elemento di orgoglio derivante dall'aver scoperto qualcosa di apparentemente nuovo e molto remunerativo quanto a strumenti finanziari e opportunità di investimento. La persona o l'istituzione che compie questo tipo di scoperta viene considerata di gran lunga al di sopra della massa.
La massa non accorre subito, o almeno non sempre. Accade però che, a un certo punto, essa si precipiti a sfruttare l'intuizione della persona o dell'istituzione che ha effettuato la scoperta.
Galbraith parla di "lieve ritardo" tra quest'ultima e la rincorsa al suo sfruttamento. Esiste perciò un certo periodo di tempo, generalmente non troppo lungo, che serve per diffondere la novità.
Tra gli elementi che caratterizzano questa fase dell'euforia finanziaria, si distingue l'autogratificazione:
La percezione di qualcosa di nuovo e di eccezionale gratifica l'ego di chi ne è partecipe, in quanto si suppone remuneri anche il suo portafoglio. E per qualche tempo succede davvero.
A questo punto, l'analisi si sofferma sui nuovi strumenti finanziari e su una regola che Galbraith definisce ferrea:
Le operazioni finanziarie non si prestano all'innovazione.
Questa regola è dettata dall'esperienza e sono davvero pochi i temi economici dove la conoscenza è più pretenziosa e più superficiale di questo.
Ogni tanto si festeggia la creazione di un nuovo strumento finanziario, mentre in realtà si sta soltanto celebrando l'ennesima invenzione della ruota, probabilmente in una versione un po' più instabile.
Quello che viene definito un nuovo strumento finanziario è in realtà una piccola variazione rispetto a uno schema stabilito: ogni innovazione finanziaria non è altro che creazione di nuovo debito, garantito in misura più o meno adeguata da attività reali.
A volte, questo fenomeno è molto evidente: basti pensare a quando per la prima volta le banche iniziarono a stampare e prestare denaro ai mutuatari in quantità superiore ai depositi. Ci si accorse, infatti, che non accadeva quasi mai che tutti i depositanti si recassero in banca nello stesso momento a prelevare il loro denaro.
Altre volte, la novità era soltanto apparente: come quando negli anni '20 del secolo scorso furono create grandi società finanziarie che emettevano obbligazioni per comprare azioni di altre società, il cui valore ovviamente aumentava. Sembrava un miracolo finanziario, mentre non era altro che una nuova modalità di indebitamento.
Negli anni '80, invece, ci fu un boom di banche di investimento che mettevano sul mercato grandi quantità di obbligazioni per finanziare acquisizioni e fusioni aziendali.
Trattandosi spesso di un tentativo di scalata, poteva succedere che i manager delle società prese di mira si indebitassero a loro volta per acquistare azioni proprie, con lo scopo di diminuirne il numero in circolazione e mantenere il controllo societario.
I tassi di queste obbligazioni erano alti, a fronte di una qualità del credito particolarmente bassa: per la prima volta apparve il termine junk bonds, ancora utilizzatissimo ai giorni nostri.
L'evento speculativo ha, infine, un'altra caratteristica comune: quello che accade dopo l'inevitabile crollo.
Vi sarà, invariabilmente, un periodo di astio e di recriminazione oltre che di introspezione, anche se a un livello assai rozzo. L'astio sarà rivolto contro gli individui che più erano stati ammirati per la loro immaginazione e acutezza finanziaria.
Dopo il crollo, poi:
Si farà un gran parlare di regolamentazione e riforma. Non verranno messi in discussione la speculazione in sé stessa né l'aberrante ottimismo che la sostiene. Questo è soprattutto notevole: nel dopo-speculazione, la realtà è pressoché ignorata.
Le ragioni sono due:
- La crisi coinvolgerà anche le istituzioni e alcune istituzioni finanziarie. Se è ammissibile incolpare di errori e di faciloneria un singolo individuo o – al limite – una singola impresa, non è altrettanto facile farlo con le istituzioni e, in senso lato, con la comunità finanziaria nella sua quasi totale interezza.
- La dottrina della libera impresa e della finanza classica non tollerano l'idea che il mercato sia suscettibile a dinamiche patologiche, se non in quanto imputabili a qualche elemento o soggetto esterno. Questa è quella che Galbraith chiama "fede classica": cercare sempre e comunque una causa o un abuso esterno al mercato che ne abbia bloccato il normale funzionamento.
Galbraith invita a studiare la storia degli eccessi speculativi e dei loro effetti. Studiare la follia finanziaria delle masse non è una pratica fine a sé stessa: riuscire a individuare i sintomi precursori di un nuovo episodio di euforia apre la possibilità – per quanto esilissima – che alcuni individui altrimenti vulnerabili possano essere messi in guardia dei pericoli che stanno correndo.
Parte 1: Breve storia dell'euforia finanziaria
Parte 2: I tratti caratteristici dell'evento speculativo
Parte 3: La Tulipanomania, John Law e la Banque Royale e la Bolla del Pacifico meridionale