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I Cigni Neri e l'uso dei modelli previsionali

I Cigni Neri e l'uso dei modelli previsionali


23Lug2023

Information
Andrea Gonzali Blog 1544 hits
Prima pubblicazione: 23 Luglio 2023

«Nessun numero di osservazioni di cigni bianchi autorizza l'inferenza che tutti i cigni siano bianchi, ma l'osservazione di un solo cigno nero è sufficiente per confutare tale conclusione».

John Stuart Mill

Secondo Nassim Nicholas Taleb, autore del libro Il Cigno nero, un evento Black Swan presenta le caratteristiche seguenti:

  • Si tratta di un outlier, ossia un evento estremamente raro e al di fuori delle normali aspettative. Nulla, prima che accadesse, ci avrebbe fatto pensare alla possibilità del suo verificarsi.
  • Ha un impatto estremo, in grado di causare conseguenze significative.
  • Nonostante la sua natura eccezionale, la tendenza umana è quella di cercare spiegazioni logiche per la sua occorrenza dopo il fatto, cercando di renderlo comprensibile e prevedibile anche se, in realtà, prima che accadesse non lo era affatto.

In che modo l'identificazione di un Cigno Nero può essere utile?

Un numero esiguo di Cigni Neri spiega in gran parte la storia del mondo: ad esempio, il successo di idee e religioni, le dinamiche degli eventi storici e gran parte delle nostre vite personali.

Taleb mette in evidenza come la natura umana ci spinga a fornire spiegazioni per questi eventi solo dopo che si sono verificati, facendoli apparire retrospettivamente come se fossero stati prevedibili e comprensibili. Tuttavia, non tutti sono concordi con questa interpretazione.

In un interessante articolo intitolato Black Swan. Red Herring., Graeme Keith sostiene che – sebbene i Cigni Neri siano importanti e non vadano ignorati – credere che siano l'unico motore degli eventi più significativi nella storia del mondo sia fuorviante.

Egli ritiene che questo stesso convincimento rappresenti un errore cognitivo, un bias che ci porta a costruire narrazioni di causalità da associare agli eventi passati.

Piuttosto che abbandonare i modelli previsionali, Graeme Keith suggerisce di imparare dagli errori di previsione e provare a migliorarli.

Lo stesso Taleb distingue due limiti dei modelli, tra i quali spiccano le inadeguatezze epistemologiche e i pregiudizi:

  • Selezioniamo attentamente ciò che vogliamo modellare basandoci su ciò che possiamo rappresentare. Tuttavia, commettiamo l'errore di generalizzare i risultati anche a ciò che non può essere modellato.
  • Confermiamo i nostri modelli utilizzando solo i dati favorevoli alle nostre conclusioni, ignorando tutto ciò che potrebbe contraddirle (confirmation fallacy).
  • Ci illudiamo di individuare cause in eventi casuali. In realtà, stiamo solo identificando schemi spuri (narrative fallacy).

Migliorare i modelli è un compito tutt'altro che semplice. Esistono numerosi modelli di previsione, dai più semplici ai più sofisticati, ma il futuro continua a sfuggire alla nostra conoscenza.

In campo finanziario, l'Intelligenza Artificiale sembra poter rivoluzionare tutto: in realtà, è difficile che possa apportare grandi cambiamenti in ambito previsionale. Esattamente come l'avvento dei computer non ha portato progressi significativi in questo campo.

Se migliorare i modelli di previsione risulta essere un’impresa ardua, potrebbe essere il caso di migliorarne l'utilizzo. Questo non comporta necessariamente l’impiego più intensivo delle nuove tecnologie, nonostante l’attuale tendenza a sfruttare sempre di più gli strumenti avanzati resi disponibili dall’Intelligenza Artificiale.

Il rischio più grande, infatti, è che l'Intelligenza Artificiale renda ancora più oscuro ciò che è già poco comprensibile, quando invece dovremmo fare l'opposto: semplificare.

La semplificazione può avvenire in due modi:

  • Ammettendo che alcuni fenomeni non siano modellabili. Questo implica che li accettiamo come imprevedibili, indipendentemente dal fatto che la loro natura sia casuale o che le cause che li determinano non siano ancora note o comprese.
  • Modificando radicalmente il nostro modo di utilizzare i modelli.

In merito al secondo punto, la maggioranza dei data scientist parte da considerazioni macroeconomiche o logico-statistiche per testare un modello utilizzando determinati parametri. Se i risultati non soddisfano le aspettative, si apportano modifiche ai parametri nella convinzione di poter trovare il giusto mix di valori che possa produrre i risultati desiderati o avvicinarsi ad essi.

È però importante rendersi conto che, una volta modificati i parametri o anche dopo un lieve fine-tuning, la casualità inizia a riempire lo spazio lasciato vuoto dalla mancanza di causalità del modello.

Un processo del genere dovrebbe essere evitato, poiché un modello che non spiega e non prevede non può essere riparato: deve essere abbandonato.

Questo approccio potrebbe portare a una drastica riduzione del numero di modelli, ma quelli rimasti avrebbero una maggiore validità. Potremmo aver bisogno di meno data scientist, ma di più economisti o statistici. Potremmo avere meno necessità di Intelligenza Artificiale a scopo previsionale ma, probabilmente, di un numero più elevato di persone che ragionano e pensano in modo approfondito.

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